“GERUSALEMME SARA CHIAMATA «Signore-nostra-Giustizia»” (Ger 33,16) |
Meditazione pre Avvento per l’UGCI
Di fr. Antonio Belpiede OFM CapFoggia, 29 ottobre 2010
UN GERMOGLIO DI GIUSTIZIA
[Leggere Ger 33, 14-16] Dal 587 al 538 Israele è stato deportato in Babilonia. L’avvento dei Persiani, dell’imperatore Ciro, porta alla liberazione degli israeliti dopo 50 anni di esilio. I vaticini di Geremia sulla distruzione di Gerusalemme si sono realizzati, le sue promesse di restaurazione solo in parte. Difatti la ricostruzione di Gerusalemme vede i cittadini più tesi a ricostruire la propria casa che il tempio del Signore, segno di unità e identità di Israele nella fede in Yahveh. Un discepolo del profeta Geremia (le cui tracce si perdono in Egitto. Cf. Ger 42 s) rammenta al popolo la fedeltà di Dio. Il messianismo costituisce il centro della fede d’Israele. Nelle vicende del suo popolo, nelle sue infedeltà e ottusità Dio manifesta in maniera sempre più chiara il profilo del suo Messia. Egli non sarà un re vittorioso, secondo aspettative militari terrene, che sconfigga i nemici d’Israele come Davide, ma un Germoglio di Giustizia, che riporterà Gerusalemme, il cui nome vuol dire “Città di pace” alla sua vocazione: Vivere nella Giustizia di Dio. Il Signore è la Giustizia del suo popolo. Aderire a Lui significa vivere in pace, allontanarsene vuol dire esilio dall’armonia sociale, familiare, personale.
AVVENTO: IL SIGNORE VIENE
La collocazione di questa lettura nella prima domenica di Avvento (anno C) intende ricordare a noi tutti le esigenze di Giustizia del Re che viene e del suo Regno. La cerniera tra i due anni liturgici, quello che termina e il nuovo che si apre con l’Avvento, è costituita dalla festa di Cristo Re. Egli è Colui che alla fine “verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine” (Simbolo niceno– costantinopolitano). Mentre ritorna con la memoria all’evento unico e adorabile dell’incarnazione, il popolo di Dio guarda in alto, verso le nuvole del tempo futuro da cui apparirà il Re trionfante. In questo già e non ancora tra la prima e la seconda venuta scorre tutto l’impegno dei fedeli del Cristo. Impregnati del sacro crisma col battesimo e con la confermazione, non possiamo attendere passivamente che torni il Signore di Giustizia e pace, ma siamo impegnati dalla Parola di Dio a lottare perché la Città degli uomini si trasformi sempre più nella Gerusalemme illuminata dal Signore-nostra-giustizia.
TRA LEGGE E GIUSTIZIA
L’orizzonte del pensiero giuridico occidentale è dominato da una percezione positivista del Diritto. Nella sua opera fondamentale, La formation de la pensée juridique moderne, Michel Villey (+ 1988), professore di Filosofia del Diritto alla Sorbona per un quarto di secolo, evidenzia il distacco da una concezione realista del Diritto, quella della Giurisprudenza romana classica, in favore di un positivismo ancorato allo Stato invasivo e onnipresente. Nella filosofia giuridica di Hobbes, padre del “contrattualismo”, il jus viene radicalmente trasformato da “jus in re” a “dominium”. Il diritto non è più una cosa, il cuique suum, un quid determinato, un effetto concreto e limitato della divisione delle cose, della giustizia distributiva. Il diritto, in quanto dominium è tendenzialmente illimitato, una libertà astratta che può essere circoscritta solo dalla legge positiva, frutto del Leviathan – Stato. Dopo le esperienze degli stati nazionali forti, dalle monarchie che colonizzarono i nuovi continenti guerreggiando tra loro e schiacciando le popolazioni native, fino alle dittature che condussero al secondo conflitto mondiale, le democrazie occidentali restano ancorate ad una visione positivista del Diritto. Questo è costituito dal sistema delle leggi dello Stato, nelle sue suddivisioni (Stato – Regioni in Italia). I pratici del Diritto, dagli operatori economici ai giuristi a tutti i cittadini, devono solo rispettarle, interpretarle, eseguirle o ripararle in caso di violazione. In questo contesto culturale, disancorato da una riflessione sul Bene Comune della Polis e sulla qualità delle leggi in rapporto ad esso, chi detiene la maggioranza in Parlamento e al Governo pensa a produrre leggi e leggine frettolosamente. Alcuni indici di riflessione:
La tradizione canonica, legata al miglior Diritto Romano classico, connette sempre la produzione di leggi al concetto di “razionalità”, che vuol dire non contrarietà al Diritto naturale. Una buona legge è una legge che non spira dal presunto dominio assoluto dello Stato, ma dalla riflessione ponderata sul Bene comune e sull’equa ripartizione di beni, servizi, cariche, impegni tra i cittadini. Esiste un’armonia della Polis che può essere perseguita solo quando i poteri dell’Amministrazione dello Stato hanno coscienza di dover perseguire la Giustizia, non di modificarla in forza dell’Imperium. IL CRISTO E’ LA NOSTRA GIUSTIZIA
“I laici, dal momento che, come tutti i fedeli, sono deputati da Dio all’apostolato mediante il battesimo e la confermazione, sono tenuti all’obbligo generale e hanno il diritto di impegnarsi, sia come singoli, sia riuniti in associazioni, perché l’annuncio divino della salvezza venga conosciuto e accolto da ogni uomo e in ogni luogo; tale obbligo è ancora più urgente in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il Vangelo e conoscere il Cristo se non per mezzo loro” (can 225 § 1)
La Parola di Dio del profeta Geremia impone a tutti i credenti di trasformare Gerusalemme nella città in cui regna il Signore-nostra-Giustizia. Per ogni categoria di credenti quest’obbligo assume sfumature specifiche. Proponiamo solo alcuni esempi.
L’essere riuniti in un’associazione benedetta dai pastori come Giuristi cattolici italiani fa di noi un’esperienza concreta di Chiesa. Insieme abbiamo la possibilità di rafforzarci tutti, nei ruoli complementari che abbiamo nella prassi della Giurisprudenza, per rendere credibile la venuta di un Dio Bambino che con la sua forza mite ha iniziato il processo di rovesciamento dell’iniquità, Lui che è la nostra Giustizia. Non c’è studio notarile, aula di tribunale o di università, foro contrattuale, non c’è singolo respiro della civiltà giuridica che non debba essere investito dal soffio del Spirito di Dio, dal profumo del Vangelo. E’ questo il nostro compito, in attesa che il Re di Giustizia torni, per il giudizio finale.
© Antonio Belpiede - all rights reserved
|