EDITORIALE L'AMICO 5/2017 |
GESU’ SALVATORE DEL MONDO Il Natale scava l’anima dei poeti fino all’osso. Per noi, poeti credenti, non si tratta solo di una voglia di calore umano e tenerezza, di nostalgie di scene familiari antiche, irripetibili perché i genitori ci hanno lasciati per attenderci lassù. Il grande Ungaretti “non ha voglia di tuffarsi in un gomitolo di strade”. Il poeta Francesco, invece, si getta insieme a tanta gente nel freddo della notte di Greccio e la scalda col suo fiato, col corpicino di un bambino che rappresenta Gesù e col calore del petto della sua mamma, delle mani del suo babbo. Noi, fratelli “molto” minori del poeta – fondatore, seguiamo solo da lontano le sue orme. Ma lo Spirito del Signore è buono, infinitamente dolce. Per questo scende a riempire i nostri cuori coi dolci dolori del parto spirituale. E generiamo Gesù, come “madri del Signore”, dice ancora Francesco. Lo generiamo nella liturgia, prestando corpo e membra, voce e alito, pane e vino e la luce del nostro fuoco di uomini al fuoco che viene dall’alto, alla luce vera che illumina ogni uomo e consuma il cuore dei poeti. Lo generiamo nell’incessante missione di continuare l’opera dei poveri pastori, annunziando al mondo che in Betlemme di Davide ci è nato il Salvatore. Siamo chiamati ad annunciare, siamo chiamati a lodare Dio, siamo chiamati a esultare in canto, come la Vergine Madre e tutti i personaggi della luminosa storia del Natale. Accanto al fuoco i pastori si scaldano, e sono felici dopo aver visto Gesù e la sua mamma con Giuseppe. In questo momento immagino di avere tutti i collaboratori de L’Amico davanti al mio vecchio camino pugliese di Serracapriola, per condividere con essi dolci tipici, vino e amicizia. Non dico nessun nome, perché sono in seconda di copertina, assieme alla loro fedeltà, ma voglio testimoniare il mio abbraccio di gratitudine. La Parola eterna del Padre si è fatta carne nel grembo della Vergine per opera dello Spirito Santo. Le nostre umili parole sono semi di vita offerti a chiunque ci legga. La musica vera del Natale è lontana dai refrain della pubblicità. È fatta di lunghe pause e di silenzi, d’interludi angelici e di zufoli antichi e cornamuse di poveri pastori, è fatta dei cembali rituali d’Israele e della ripetizione tendenzialmente infinita di salmi e cantici, fino a ubriacarci di melodia, fino a giungere al giubilo, di cui parla il maestro Sant’Agostino: un’effusione dell’anima in canto a cui le parole non servono più, perché lo Spirito Santo ci possiede, come la Vergine del Magnificat, come Zaccaria, come Simeone e Anna al tempio, come i Magi commossi nella contemplazione del Re, dopo lungo cammino. Erode c’è. Erode si organizza. Erode uccide bambini, Erode li compra e vende. Erode diffonde come messaggio di civiltà olandese il “diritto dei fanciulli di… avere incontri con adulti”. Erode cambia la semantica. Le parole più belle del mondo: papà, mamma… divengono in alcuni paesi d’Europa genitore uno e genitore due. Basta, poeta che scrivi! Non dire oltre. Erode c’è, ma lo seppelliremo sotto canti di festa, lo turberemo con le grida di gioia dei nostri bambini felici. Maria e Giuseppe: non abbiamo modelli migliori per l’umanità. “Un Bambino è nato per noi. – dice Isaia – Ci è stato dato un figlio”. Come Giuseppe, uomini, vogliamo proteggerlo, in ogni nostra famiglia, in ogni strada del mondo; come Maria vogliamo nutrirlo di amore e latte. Perché in ogni bambino del mondo c’è Lui, il Salvatore. Così piccolo si è fatto, così piccolo… per salvare tutti noi, che ci sentiamo grandi. Come scrisse nella calda lingua napoletana, sulla nostra terra foggiana, Sant’Alfonso Maria De’ Liguori: “Quanno nascette Ninno a Betlemme, era notte e pareva miezo juorno”. Solo la poesia può capire il Natale. Perché solo un Dio poeta può fare “una follia del genere”: mandare suo Figlio come “ninno”- bambino per salvare il mondo. Buon Natale e buon anno a tutti.
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