RACCONTO LA STORIA

FRATE VENTO L'AMICO 5/2013

ITALIANI A LONDRA

TRA MAZZINI E ROSALBA

Fra Nicola era chierichetto con Padre Rufino e arrivava appena all'altare nella nostra chiesa - parrocchia dei Cappuccini in Cerignola, mentre io ero un adolescente inquieto, che si dimenava tra la Gioventù francescana e l'iscrizione a Giurisprudenza, tra gli eccessi - fisiologici a quell'età - di testosterone e la prepotente vocazione ricevuta sulla Flaminia, tra Assisi e Roma, a cui cercavo strenuamente di resistere.

Rosalba aveva l'età di fra Nicola e andavano assieme alle elementari. Era la sorella piccina del mio migliore amico, Pasquale. Ero di casa da loro e la ricordo che ancora era allattata dalla mamma.

Vado a trovare a Londra fra Nicola, che terminato il servizio di cappellano all'ospedale di Padre Pio in San Giovanni Rotondo, ha ricevuto il permesso per un prolungato periodo di formazione e apostolato nella capitale britannica.

"La vita è un palco - dice Shakespeare - ed ogni uomo e donna semplicemente attori". E' un copione bellissimo quello che ci fa trovare di colpo tutti e tre sotto la lapide di Giuseppe Mazzini a Clerkenwell, e poi a mangiare "maccheroni alla poveretta" e peperoni e ... focaccia pugliese fatta col lievito madre con Rosalba e suo marito Francesco, coi piccoli Gabriel e Giovanni, sangue cerignolano e cittadinanza britannica.

La storia di Clerkenwell Road coincide con quella di St. Peter's Church, prima chiesa cattolica in Inghilterra dopo le dure opposizioni anglicane e i movimenti anticattolici. Il 1863 grazie all'azione appassionata e profetica di San Vincenzo Pallotti e di due grandi sacerdoti suoi confratelli, Raffaele Melia e Giuseppe Faà Di Bruno, veniva dedicata la Chiesa destinata ai poveri immigrati italiani. Quando l'azione illuminata e - ovviamente - laica di Mazzini, che aveva fondato una scuola per insegnare ai poveri italiani, si spense non fu certo la boriosa e provinciale monarchia sabauda - troppo impegnata a saccheggiare il Sud e a compiere stragi contro i "briganti" - ad interessarsi di questi poveri che cercavano "pane e lavoro" nella più importante città del mondo, ma questi apostoli innamorati di Gesù e della gente. I cattolici inglesi, gli irlandesi, i francesi, gli spagnoli e i polacchi, chiedono essi pure di essere accolti nel tempio per celebrare la loro fede cattolica, mentre la prima democrazia del mondo si rende conto che non è più possibile negare anche a questi "cristiani romani" il diritto fondamentale di esercitare liberamente il loro culto.

Il copione londinese, scritto dalla Provvidenza, prevede anche un incontro col nuovo console italiano, Massimilano Mazzanti e sua moglie, signora Silvia. Il dono dell'incontro è dovuto all'indomabile Angelo Iudice, presidente della Accademia Apulia di Londra e, con me, membro del Consiglio Generale dei Pugliesi nel Mondo. Con Jamie Oliver, famoso chef londinese, lavora a un programma di recupero per ragazzi tossicodipendenti in collegamento con San Patrignano in Italia. I proventi del ristorante di Oliver dove ci incontriamo, il Fifteen, sono destinati a questo scopo. Ragazzi inglesi vanno a coltivare la vite in Italia, gli italiani vengono qui. Il lavoro serio e l'affetto, fuori dell'ambiente e ... dei soliti spacciatori li aiuta a ritrovarsi. Li salva.

Apprendiamo che il numero degli immigrati italiani è in crescita esponenziale. Si parla di duecentomila ufficiali, cioè registrati come residenti nella città, ma ce ne sono altrettanti non censiti. Veniamo alle dolenti note di critica alla mamma Italia. Quelle che non si ascoltano mai negli stupidi programmi con tronisti e veline. Medici, avvocati, biologi, ingegneri e architetti, commercialisti ... giovani con voglia di lavorare vengono a Londra e ci restano, perché il bel paese non conosce da diversi lustri il merito e la competenza, perché non ci sono investimenti per il lavoro ma per la riproduzione ermafrodita della "casta". Per decenni i soldi sono stati rubati e i posti dati secondo padrinaggi e parentele. Rivedo i giovani che vanno a Toronto, quelli di New York e Los Angeles. Torno a Londra dopo sei anni e sono stupito, mentre con Nicola consumiamo i marciapiedi della città in tre giorni di sole autunnale, di sentire continuamente parlare italiano: è impressionante! La maschera del teatro, Luana, calabro - romana, si fa riconoscere da noi. Nella sala in tre sole file ci sono quattro coppie italiane, tutti residenti a Londra.

La pienezza della rivelazione, tuttavia, mi giunge durante la celebrazione dell'eucaristia delle 19.00. E' il 17 novembre, sant'Elisabetta, è domenica. Duecento giovani italiani mi avvolgono di canto mentre inizia la celebrazione e Melanie, una dei responsabili del gruppo, mi saluta in sacrestia e si affretta a entrare in chiesa: Alessio, foggiano, suona una delle due chitarre, un'altra pugliese i bonghetti; ci sono cembali e un coro fatto da sardi, lombardi, liguri, siciliani, laziali, calabresi .... ci sono tutti. I rappresentanti di tutti i nostri figli che non si arrendono. Sono belli, vogliono arrivare ... e appena fuori delle Alpi s'imbattono presto nei limiti della mamma Italia, molto più meretrix che casta (l'espressione celebre è di Sant'Agostino), rispetto alla Chiesa cattolica. La gran parte sono laureati con profitto ... ma quasi nessuno sa l'inglese. Ma che sistema formativo è il nostro? Hanno una gran voglia di arrivare ... ma manifestano confusione nei colloqui di lavoro. La città di Londra offre loro un corso gratuito di due settimane per imparare a redigere bene un CV, curriculum vitae europeo. L'Italia, piena di assurdi "esami di stato" per i laureati che vogliono iscriversi al proprio ordine professionale, ... non insegna nemmeno questo.

Annamaria, avvocato romano dai grandi occhi verdi, ha svolto umilmente il corso, le hanno fatto l'esame finale e le hanno sorriso. Ora si sente in grado di affrontare colloqui di lavoro e dare all'intervistatore la percezione della sua determinazione e delle sue capacità. Di colloqui se ne fanno ... da uno a dieci a venti ... ma "a Londra - dicono i ragazzi - tutti trovano lavoro". Nelle nostre città d'Italia il proverbio non esiste.

Al termine della Messa c'è un sacerdote pallottino, un calabrese piccolo che sta qui da 42 anni, che m'invita a tornare quando voglio. E' padre Carmelo, degno figlio di San Vincenzo Pallotti. Gli dico di non ripeterlo ... potrei prenderlo in parola.

Durante l'omelia ho citato la seconda strofa dell'inno nazionale, che ... ovviamente i ragazzi non conoscono: "Noi siamo da secoli calpesti derisi/ perché non siam popolo, perché siam divisi ...". Cito Salvatore Satta, che iniziava il suo manuale di Procedura Civile richiamando il difetto fondamentale del nostro popolo: l'individualismo. Li esorto ad apprendere da St. Peter's Church la lezione della solidarietà. Qui dietro l'angolo Peppino Mazzini pensava la Giovine Italia e la Giovine Europa ... Questi figli nostri hanno bisogno di sostenersi l'un l'altro, di incoraggiarsi per arrivare. Noi, nel bel paese prostituito dalla casta dei lenoni maledetti e delle veline sedute in Parlamento, abbiamo bisogno del loro coraggio e del loro esempio, come della memoria dei quaranta milioni di italiani e loro figli sparsi nel mondo. I migliori tra i nostri cittadini, in diverse ondate, hanno adottato una delle due soluzioni possibili: la migrazione. L'altra? Quella per cui si dovrebbero impegnare i sessanta milioni residenti tra Lampedusa e Aosta? La rivoluzione: civile, democratica, possibilmente non cruenta. E, tuttavia, la mia amica Francesca, pugliese che vive a Montparnasse - Paris, dice a ragione che le due cose possono andare assieme. Non furono Mazzini e Garibaldi e molti altri dall'estero a pensare l'Italia unita? E don Sturzo da Londra e New  York a sognare la democrazia? Rossella, siciliana, era da poco iscritta alla Gioventù francescana di Bronte quando terminai il mio servizio di assistente nazionale. Assieme a fra Nicola e fra Giuseppe, giovane pallottino, mi accompagna alla stazione internazionale di Saint Pancras, per tornare a Parigi. Abbiamo molti amici in comune, laici e frati, in Sicilia. Preghiamo insieme un istante davanti ai cancelli del TGV. Abbraccio i fratelli e benedico Rossella con un segno di croce, poi la bacio sulla fronte, col sentimento di benedire e baciare paternamente tutti i nostri giovani di Londra. Per un attimo vedo sulla sua testa la torre dell'Italia giovane e libera che Mazzini sognava. Un sogno che si realizzò, con tutti i limiti, ed ora è in un'estrema debolezza. Torniamo a sognare, fratelli d'Italia, e a combattere battaglie di giustizia.

Viva l'Italia. Viva gli italiani all'estero. Viva i nostri figli che ci danno la voglia di lottare ancora ... e cambiare.

 

© Antonio Belpiede - all rights reserved

 



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