L'ho sempre considerato un molisano anomalo. Alla bontà della sua gente, che non rivelava di primo acchitto, alla semplicità naturale del legame con la terra aggiungeva una passione che non è così diffusa nella sua terra, dei fremiti più tipici della gente della costa pugliese che dei placidi contadini dell'interno, col passo lento, che non deve competere col ritmo delle onde e la risacca.
In realtà era un uomo difficilmente omologabile. Le categorie nostre tendono ad essere standard, come i containers dei camion omologati per le grandi navi, come i binari delle ferrovie. Certi uomini escono fuori degli schemi, sono ossimori: placidi e ruggenti, capaci di commuoversi e tremendi nell'ira, umili nel confermare quotidianamente la loro vocazione e furenti nel difendere la giustizia, i poveri, il Regno. Mi pare che padre Vincenzo Frezza da Casacalenda, in arte Frate Fuoco (il primo, l'originale!), avesse un po' queste caratteristiche. E odiava l'ipocrisia. Il manierismo bigotto lo vedeva correttore inflessibile. Come quella volta che una terziaria di Roma chiedeva il conforto del suo giudizio censorio di fronte a una sorella che aveva messo del profumo:"Questo non è francescano! Vero, padre?", miagolò devota l'accusatrice. E Vincenzo, pronto: "Non so se sia francescano. Certamente è evangelico. Infatti Gesù ha detto di profumarci il capo e lavarci il viso, quando facciamo penitenza".
L'Ofs del Molise, la sua terra, gli dedica la Regione. La fraternità del Molise avrà come titolare padre Vincenzo Frezza, Frate Fuoco. Il 18 maggio a Casacalenda questo suo vecchio discepolo avrà l'onore di ricordarlo. Un popolo francescano in festa ne farà memoria. Tra le varie iniziative in cantiere anche la riedizione del suo libretto di meditazioni, Nostra Vita quotidiana, quasi un breviario laico.
Vincenzo era uomo dalle grandi, infiammate omelie. Era la mente sottile che aveva visto la Gioventù Francescana, sotto l'ombrello carismatico e giuridico del Terz'Ordine, mentre frati di altri rami francescani conducevano i loro giovani tra le file dell'Azione Cattolica. Ma Vincenzo era ancora confessore e padre spirituale di laici, conosceva la frugalità della vita, la sua concretezza spicciola. Tra i diversi titoli pensati per questo libretto, scrive lui stesso, scelse Nostra vita quotidiana, "...titolo umile ma che riflette le varie situazioni spirituali in cui veniamo a trovarci ogni giorno".
La presentazione porta la data del 15 agosto 1979, la Festa dell'Assunta. Chissà se Vincenzo pensava al grande conterraneo Padre Matteo d'Agnone, apostolo dell'Assunzione. Poco tempo prima, in maggio, ero passato dal Centro nazionale, a via Forlì 36, che sarebbe stato in un paio d'anni improvvidamente desertificato al termine del suo ministero, causa tumore alla laringe, il 1981. Andai a dirgli che il Ministro Provinciale aveva accettato la mia domanda di entrare in convento, che dal Terz'Ordine ... passavo al Primo, che avrei cominciato il mio postulato il 13 giugno, festa di Sant'Antonio, nel convento di Montefusco. Si commosse fino alle lacrime. Mi abbracciò e mi trattenne a pranzo con i frati.
Non so se quel giorno potetti ispirargli immagini o parole. So che invisibilmente, senza che me ne accorgessi, mi donava una parte del suo spirito, un pezzo di quel cuore che aveva gelosamente difeso l'autonomia del laicato francescano, una buona parte del crepitìo del suo fuoco evangelico, forse un pizzico di quella grande capacità simbolica e comunicativa che ne aveva fatto un eccellente giornalista e il creatore di tutta la "liturgia Gifra": dalla festa della Promessa, nella celebrazione di Cristo Re, alla Madonnina della Gifra. Che intuizione semplice e felice la testata gloriosa Vita Francescana! E che errore nei mesti anni della laboriosa e dolorosa unificazione vederla sostituita dall'ideologico (e un po' "laicista") Francesco il volto secolare. Parliamo di ritmi comunicativi e di grazia semantica: sembra di ascoltare "Oggi c'è Dato lavatrice", il ritmo è quello. Vita Francescana .... altra cosa.
Quando, nominato Assistente nazionale Ofs - Gifra nel 1994, chiesi a suo nipote fra Massimo se potevo far rivivere lo pseudonimo Frate Fuoco, raccolsi due accenni di lacrime e la sua benedizione: "Mio zio sarebbe contento". Siamo contenti noi, e onorati, carissimo Padre Vincenzo, di averti conosciuto, di poterci definire, da laici quali eravamo, tuoi discepoli.
Nella storia della Provincia di Sant'Angelo, a cui oggi si è aggiunto il secondo titolare, Padre Pio, ci son sempre state scaramucce di campanile tra pugliesi e molisani: troppo vicini, troppo diversi, come lo iodio del mare è diverso dall'aria fresca dei monti. Tu, chissà perché, non hai fatto mai troppa fortuna in Provincia. Il tempo è galantuomo, l'Ofs del Molise ti "storicizza" e a trentun'anni dalla morte possiamo anche iniziare a giudicare con le categorie della storia. Forse eri troppo "pugliese" per i molisani e "troppo in là" anche per i pugliesi. Forse eri, semplicemente, troppo in avanti con l'orologio della storia. La tua visione non poteva esser compresa dagli altri fratelli. E' un difetto che si paga in qualunque contesto umano. Nella Chiesa cattolica ... in maniera particolare.
Le ultime parole di Nostra Vita quotidiana sono rosse come il fuoco e richiamano Dio Uno e Trino, quel Dio che ci hai fatto conoscere, padre Vincenzo, con le tue parole sapide di fuoco:
"Regalare tre rose scarlatte è molto più bello che regalare un gioiello: questo dice il prezzo, quelle l'amore".
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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO) |