Se fossi vivo ti chiamerei "Santo Padre" o "Santità". Nel titolo ti ho chiamato Papa, ma tra noi e i miei quindici lettori vorrei chiamarti "papà". Giovanni Paolo mi manca come mio padre Nicola, con forti valenze affettive. Tu, padre, manchi alla mia mente adulta, al mio "male" di voler annunciare il Vangelo come l'istanza primordiale della mia vita.
"Grande Papa, cristiano coraggioso, instancabile apostolo" ha detto Papa Francesco ieri, alla piazza gremita delle grandi occasioni. E ha ricordato l'attualità straordinaria della tua enciclica: Evangelii Nuntiandi. Non capirò mai perché abbiano tradotto il titolo, con le D massicce della perifrastica passiva latina, Annunciare il Vangelo, così senza passione alcuna, mosciamente. Dicevo ai miei studenti di Diritto in Africa "D, comme devoir - D, come dovere", il dovere di annunciare il Vangelo.
Dove sei tu certamente puoi vedere con l'attualità dell'occhio di Dio quel mattino di Pasqua del 1975. Venivamo in 150 da Assisi a Roma, dalla tomba di Francesco nostro agli occhi magnetici di Papa Paolo; venivamo da te, padre. Il fondatore della Città dei Ragazzi di Roma, Mons. John Patrick Carroll - Abbing, ci aveva condotti assieme al francescano maltese fra Massimiliano Mizzi per celebrare la Pasqua dell'anno santo con te. Era stata una marcia faticosa, con ago e filo pronti per bucare le bolle sotto i piedi, centottanta chilometri di asfalto col rosario in mano, con qualche amico protestante, con ragazzi di cinque continenti. Tra essi quella quindicina di matti che venivano da Pittsburgh - Pensilvania, con father Gus, veterano cappellano della guerra del Vietnam, e una suora che batteva il cembalo tutto il tempo. Erano membri del movimento carismatico cattolico. Colmarono la piazza San Pietro per la Pentecoste e Jesus dedicò loro la copertina: tante mani levate al cielo ad invocare il dono dello Spirito Santo. Lasciasti il discorso scritto, come altre volte, e il tuo rigore fu infranto dalla tua passione: "Facci sentire, Signore, gli effetti sensibili del tuo Spirito". Perché se il verbo si è fatto carne, la nostra carne freme sul modello della Vergine Madre per ricevere il tocco della sua presenza, che si fa Cristo in noi, speranza della gloria (cf. Col 1,27).
Volevi studiare filosofia, ma ti vollero giurista, civile e canonico e fu un dono per la Chiesa. Filosofo nell'anima, amico di Maritain e del pensiero francese, apprendesti l'arte di governare coniugando il Jus con l'Imperium nei lunghi anni della Segreteria di Stato. Nemmeno ieri è stato detto con chiarezza che - tra i tanti tuoi meriti - hai avuto quello di capire che la poesia del Vangelo va sposata con la Riforma del Potere nella Chiesa. Ricordiamo ai nostri quindici lettori alcune delle tue intuizioni e realizzazioni:
- il limite d'età dei parroci e dei vescovi e degli uffici in genere a 75 anni; il limite degli 80 anni per i cardinali chiamati in conclave per eleggere il Papa;
- l'internazionalizzazione del Collegio dei Cardinali, togliendo la maggioranza agli italiani. Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio sono stati "preparati" da te, in santa complicità con lo Spirito Santo. Desti rilievo alle grandi sedi episcopali metropolitane nel mondo cercando di aumentare il ruolo dei pastori tuoi collaboratori rispetto ai nobili curiali romani;
- Nella luce dell'Assunta del 1967 promulgasti una Costituzione apostolica per la Riforma della Curia Romana, Regimini Ecclesiae Universae. Appena vent'anni dopo cercarono di ridurne gli effetti riformatori con un'altra legge, la Pastor Bonus;
- Introducesti il Sinodo per esaltare la collegialità episcopale e il dialogo tra i vescovi e nella Chiesa;
- Promuovesti la Riforma del Codice di Diritto canonico e le forme giuridiche per favorire la missione, come l'aggregazione temporanea di preti fidei donum ad una diocesi di missione.
Papà Paolo ... volevo scriverti una cosa intima e mi ritrovo a parlare del mondo, seguendo la tua vita, della Chiesa universale meditando sulla delicatezza del tuo cuore. Ma in effetti così sei stato. Non siamo forse tutti chiamati ad imitare la Vergine Maria? La sua storia d'amore con lo Spirito Santo è quanto di più intimo, e a un tempo di più pubblico, sia mai stato narrato sul pianeta.
Quando morì papa Giovanni ero un bimbetto. Fecero il tuo nome sulla TV in bianco e nero del 1963 e dissi che non ti volevo, dissi "Brutto! Voglio Papa Giovanni". Mamma sorrideva e mi calmava: "Il Papa è il vicario di Cristo. Ogni Papa ...". Dopo cinquant'anni ti chiamo Papà e ti dico "Grazie", come ha fatto Francesco ieri, il nostro Papa, così diverso da te nei suoi atteggiamenti popolari argentini, così simile a te nel suo amore alla Chiesa, nella sua intelligenza del dovere di annunciare il Vangelo e nella comprensione lucida della connessione tra evangelo e arte del governo, missione - collegialità - Riforma della Curia Romana.
Dissero che non si aspettavano da un Papa colto come te un richiamo a satana, il 29 giugno 1972: "Da qualche fessura il fumo di satana si è infiltrato sino al soglio di Pietro!", avevi tuonato nell'omelia della festa dei Santi apostoli. Sapevi ciò che dicevi. Il tuo volto discreto di prete bresciano s'infiammava a volte di profezia. Soffia, Papà Paolo, col Signore, lo Spirito su di noi, intercedi per questa Chiesa ancora così debitrice tua, così bisognosa di te. Sostieni il nostro Papa, Francesco che seguendo le tue orme vuole rendere più bella la Chiesa di Gesù perché attragga con la sua bellezza gli uomini e le donne fino agli estremi confini della terra.
© Antonio Belpiede - all rights reserved
(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO) |