"Aria" è una parola importante. Spesso la usiamo in senso metaforico: "Che aria tira?". Questa volta invece parliamo proprio dell'aria, quella fisica, che respiriamo, quella collegata alla prima funzione del nostro organismo: la respirazione.
Il Natale ha la sua aria, diversa secondo il luogo. L'aria di Betlemme era tersa e fresca quando Maria diede alla luce Gesù, più fredda quando i pastori furono svegliati e si recarono in fretta a vedere Gesù.
Era fredda l'aria di Greccio quando Francesco inaugurò il primo presepe: vivente. L'alito formava piccole nubi garbate dinanzi alla sua bocca quando pronunciava "Beeetleeemmee" e si beava nell'onomatopea del suono del belato dell'agnello, che canta il suo Pastore e Signore appena nato.
Mai troppo fredda, in sedici celebrazioni di mezzanotte, l'aria del borgo di Serracapriola, dove per lunghi anni questo frate ha lavorato per accogliere pellegrini, da dove è partito per annunciare il vangelo in mezzo mondo e si è incantato di fronte allo spettacolo delle Tremiti da quel lembo di terra benedetto, quasi terra di mezzo tra Puglia, Molise e Abruzzo: terra di aria raffinata e "meticcia", figlia dell'incrocio amante tra le folate nevose della vicina Maiella e il tiepido respiro del mare salato. E scendendo verso Chieuti e verso la sua Marina la carezza del monte si attenua e il bacio dell'onda, al sapore di iodio, si avvicina. E l'aria, l'aria è frizzante di risacca .... che differenza dall'aria di Roma!
La finestra del mio ufficio, nella Curia Generale dell'Ordine di San Francesco e Padre Pio, è quasi sempre chiusa. Sotto di essa non ci sono gli olivi del convento di Serracapriola ma via Sardegna, a due passi da Via Vittorio Veneto. All'alba l'apro per qualche minuto. All'alba, quando le macchine non ci sono e il monossido di carbonio è alla sua minima intensità. L'uomo di sole pugliese che è in me non ha mai cercato la pioggia come ora. Quando sorella pioggia cade generosa apro e respiro, sapendo che le particelle metalliche sono state abbattute al suolo, trascinate nelle grondaie, nei canaletti e nelle fogne.
Quando, passando veloce per Corso d'Italia e la sua miriade di auto impazzite, m'infilo con un gran respiro in Villa Borghese, saluto la statua del mio collega poeta George Gordon Byron e poi Goethe, e penso che questi intellettuali stranieri s'innamorarono di una Roma dall'aria frizzante per i suoi pini e per il Ponentino che scellerate costruzioni gigantesche hanno ridotto o annullato. Dighe di cemento contro l'aria del mare. I poeti dell'ottocento hanno cantato Roma. Gli intellettuali del dopoguerra ne hanno trascritto i fremiti della "Dolce vita". "La sera andavamo in Via Veneto", ha scritto Eugenio Scalfari. Ora nelle librerie ci sono DVD con Gregory Peck e Audrey Hepburn in Vespa: grande scena. Ma l'aria di via Veneto è irrespirabile e le strisce pedonali sono una delle zone a più alta mortalità del pianeta Italia.
Riviene inevitabile Holderlin: "Perché i poeti nel tempo della decadenza?". A Byron e Goethe è toccato cantare Roma, a Frate Vento alzar la voce contro questa società senza padri che toglie l'aria a grandi e piccini. Che aria trovi, Gesù Bambino, nel cuore di Roma?
Le illusioni televisive stanno finendo piano piano. Abbiamo ricordi di benessere e un presente con la cinghia sempre più stretta. Quel Bambino ci ricorda che anche noi siamo chiamati come i pastori. Venga l'Angelo del Natale a muovere i padri e le madri di Roma e di tutta l'Italia. C'è una politica da cambiare ancora, c'è un'Italia da rifare, c'è l'aria da pulire e la terra da salvare ... per Gesù piccino, per i nostri bambini, per noi!
Buon Natale e felice 2015!
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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO) |