IL DESERTO DI FRANCESCO
È un numero sapienziale questo che apre il 2017, grazie ai nostri valenti collaboratori che hanno interpretato il tema con un’armonica e ricca diversità: dalla considerazione biblica del deserto (Carozza e Viola) alle pennellate francescane di Spagnolo, all’attualità di Armenti e Spicciato fino alla teologia di Lavecchia il tema è tracciato come provocazione a riflettere nel silenzio a … quanto chiasso inutile ci circondi, come invito a lasciarci attirare da Dio, che sempre sussurra nella grotta più intima del nostro essere, come la donna che simboleggia Israele nel libro di Osea: “Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”. Persino il libro di Andrea Grieco, che recensiamo con piacere, è in perfetta sintonia col tema.
La vita ci mette ormai quotidianamente di fronte all’alienazione da rumore e schermo. Trent’anni fa, agli inizi del mio ministero di presbitero, entravo volentieri nelle case dei miei “gifrini” (giovani francescani), invitato dai loro genitori. Di fronte alla tavola imbandita e alla buona pasta di Puglia che fumava nei piatti mi fermavo in piedi. Quasi sempre mi guardavano attoniti: “Io non posso stare qui, non posso mangiare con voi se non spegnete lei e non preghiamo”. Lei era la TV. Ero inflessibile. Molte famiglie hanno mutato abitudini e ripreso a parlare a tavola, anziché lasciarsi ipnotizzare dalla televisione. Oggi è molto peggio. Oggi qualche mamma educa i figlioli a silenziare e lasciare nell’altra stanza i cellulari a pranzo e a cena, ma sono minoranza. Come in un film sulle macchine che schiavizzano gli uomini, siamo circondati da schermi sempre più invasivi. Si fa fatica a parlare col commensale, col familiare, col vicino in treno. Gli occhi vagano lontani, mentre auricolari impietosi chiudono alla comunicazione. Non si cerca più l’altro, ma la password per il Wi – fi, il campo e la connessione sembrano più importanti di un panino e un classico bicchiere di vino al bar con l’amico.
La “connessione globale” ci allontana dalla realtà. Il deserto, fuor di metafora, ha il potere di riportare alla memoria il valore dell’acqua, la bontà del pane, il sapore di rucola, “marasciule”, “fenucchille”, che nella cucina dauna danno valore alla pasta nel piatto equilibrato del contadino di Puglia. Parole virtuali, immagini virtuali, sesso virtuale, questo mondo elettronico ci sta portando alla deriva dalla realtà. Non è un caso se anche la politica sta diventando virtuale ed elettronica: si accusa la Russia di Putin di aver influenzato tramite web le elezioni negli Stati Uniti. L’oligarchia che domina i Mass – Media nel mondo influenza le decisioni dei cittadini, induce bisogni, muove la gente a consumare cibi dannosi e a comprare facezie inutili. Come cambiare tutto questo? Come tornare “alla giacca del mio deputato”, che posso civilmente tirare nel fine settimana nel collegio per rammentargli gli impegni presi in campagna elettorale?
Mangiamo pizza con famiglie di amici, gli adolescenti sono assenti, perduti per due ore in un piccolo schermo di telefonino. Credo che il primo passo sia spegnere gli schermi, farne un uso parco e intelligente, darne testimonianza ai nostri figli. Proprio come il giovane frate Antonio imponeva con la TV durante la cena negli ultimi anni ’80. Solo rifugiandoci nel deserto e nel silenzio apprezzeremo ancora la terra e i suoi frutti, le persone e la parola calda del dialogo: la realtà.
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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO) |