Da oltre quindici secoli il Monte Gargano, aspro e geologicamente “primitivo”, è il luogo dell’Angelo, vale a dire dell’Arcangelo san Michele, che più volte vi apparve in una grotta profonda e ignota, verso il 492. Al santo Vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano, l’Arcangelo disse che “dove la roccia si apriva, sarebbero stati perdonati i peccati”. Il Vescovo sapeva che in passato in quel luogo nascosto erano stati celebrati culti pagani. Pensò comunque di obbedire all’Arcangelo e dedicare come chiesa cristiana la grotta. Ma il Principe celeste apparve ancora e spiegò al buon Vescovo: “Lorenzo, non c’è bisogno che tu dedichi a Dio questo luogo. Io stesso l’ho consacrato con la mia presenza”. Da allora, i longobardi prima e poi tutti i cristiani d’Europa hanno ritenuto la grotta di san Michele luogo prezioso per la fede, santuario per ottenere il perdono dei peccati, fortezza squadrata e inattaccabile dove chiedere al Principe glorioso aiuto contro gli avversari, iniziando dal nemico infernale, ch’egli ha sconfitto e continuamente schiaccia sotto la sua spada di guerriero invincibile.
Il nome dell’Angelo, secondo la tradizione biblica, identifica la sua missione e il suo potere: Mi ka El? – Chi è come Dio? Non tu, Lucifero superbo, che dalla luce più alta sei stato precipitato negli abissi infernali. Non gli uomini che vendono l’anima al potere e al denaro, afferrati da analoga superbia, servitori dell’iniquità. Per questo san Michele è patrono mondiale delle Forze di Polizia, cioè di chi è chiamato a difendere i deboli dai soprusi iniqui. To protect and to serve – Proteggere e servire, abbiamo visto in tanti film sulle auto della Polizia degli U.S.A., una sintesi felice dell’ideale delle forze dell’ordine. Molto prima la tradizione liturgica cristiana aveva composto l’inno: “O san Michele principe/ delle celesti schiere/ dall’angelo infernale/ deh liberaci tu”.
La fama del Santo Angelo crebbe nei secoli. Fin dall’alto Medio – Evo prese importanza e forma la Via francigena, che dal santuario di Mont Saint Michel in Normandia attraversava Alpi e Appennini per giungere al crudo sasso del Gargano, proteso sull’Adriatico. Insieme al Santo Sepolcro in Gerusalemme, alla tomba dei santi Pietro e Paolo in Roma e al luogo di Santiago de Compostela, la grotta dell’Angelo divenne tappa privilegiata del circuito dei romei (coloro che andavano a Roma), cioè pellegrini e penitenti. La nobiltà e gli armati di tutta Europa passarono per la grotta dell’Angelo andando a imbarcarsi a Bari o Brindisi per le crociate in Terra santa. Papi, personaggi famosi, santi, tra cui lo stesso Francesco d’Assisi, si recarono ad adorare Dio nella grotta che richiama il potere, l’onore e la gloria dell’unico Signore.
Quando, a partire dal 1535, cominciò a diffondersi in terra di Molise e Puglia la “Bella e santa Riforma Cappuccina”, la futura Provincia di Sant’Angelo si strutturò in tre Custodie dedicate ai tre Arcangeli, Gabriele e Raffaele e, nella terra di Daunia, seguendo l’antica tradizione, san Michele. Dopo la beatificazione di padre Pio la Provincia ha cambiato titolo, al Santo Angelo è stato affiancato il testimone fedele del Cristo crocifisso e glorioso: san Pio da Pietrelcina.
In questo tempo di relativismo e nichilismo razionalista sono in tanti a parlare degli angeli come di favole per bambini. Ma l’Antico e il Nuovo Testamento, la tradizione cristiana e il Magistero della Chiesa con serena coerenza parlano della presenza e dell’azione degli angeli nella vita dell’umanità e della Chiesa. In più parti nel mondo si parla di apparizioni di angeli, in particolare del Principe san Michele. Più di quindici secoli di storia d’Europa sottolineano, tuttavia, l’importanza della presenza dell’Arcangelo nella grotta del Gargano. Negli ultimi anni l’UNESCO ha definito Monte Sant’Angelo luogo di cultura d’interesse mondiale. La storia d’Europa, l’arte, la poesia e il diritto, la filosofia e la teologia, la strategia militare sono passati per la città di Michele.
La macrostoria si nutre ed è formata da microstorie, come quelle, così ben descritte dal Manzoni, dei tanti Renzo e Lucia, e dei tanti poveri senza nome, affidati nella vita alla Provvidenza e nella morte all’abbraccio gioioso del Dio che ben conosce il nome di ogni Lazzaro. Tra queste storie particolari in questa terra c’è quella dei Frati Minori Cappuccini. Il 3 maggio scorso i frati di Sant’Angelo e padre Pio hanno eletto il nuovo Ministro provinciale, fr. Maurizio Placentino da San Giovanni Rotondo, che succede a fr. Francesco Daniele Colacelli da Isernia. I Capitoli provinciali dei frati, come ogni assemblea umana che debba scegliere dei rappresentanti, sono pervasi da fremiti e passioni, da certezze e indecisioni, da interrogativi sul futuro. Placati i sentimenti elettorali, tuttavia, resta una sola strada: rinnovare la fede nella bontà di Dio, che unge ogni eletto col suo amore, lo colma dei suoi doni di sapienza, lo cinge con la corazza della fede. Perché non c’è potere umano, neppure … potere ecclesiale che possa rivaleggiare con Dio. Il nome dell’Angelo lo ricorda come un tuono che scuote l’intero globo terrestre: Mi ka El? – Chi è come Dio?
Sotto le ali dell’Angelo viviamo, con la nostra gente. Le strade e i sentieri arcaici del Gargano, perduti tra le querce, sembrano a orecchio attento risuonare delle antiche nenie. Mio nonno Salvatore Rendine ne cantava una: “Michele fatti coraggio/ ogni anno a settembre e maggio/ verranno i pellegrini a visitarti”. Erano le parole di conforto di Dio al suo Arcangelo “costretto” nella buia grotta. Al di là dell’ingenuità tenera dell’estro popolare, la canzone accompagnava i pellegrini nelle due ascese: per la festa degli Arcangeli, il 29 settembre, e per quella propria di san Michele, l’8 maggio.
San Francesco salì al Monte dell’Angelo e ristette umile sulla soglia della Grotta, non ritenendosi degno d’entrarvi. Anche questo frate, che scrive da Roma, si ferma stasera col cuore sulla soglia del luogo santo per implorarti, Principe Michele, amico nostro e patrono. Il maestro gesuita Marco Rupnik ti ha rappresentato nella chiesa di San Giovanni Rotondo mentre imponi la mano sul capo di padre Pio, tuo figlio devotissimo. Ecco, fa lo stesso col nostro Ministro, fr. Maurizio, e poni l’altra sul capo di fr. Francesco, che gli ha passato il testimone del governo della … tua Provincia. Perché questa è la Chiesa: traditio – passaggio tra uomini piccoli perché si veda il mistero di gloria che solo a Dio spetta. Tu, Principe umilissimo, lo ricordasti con la folgore e la spada a Lucifero impazzito: Mi ka El? – Chi è come Dio? Nessuno, san Michele, nessuno è la risposta. Per questo ci abbandoniamo con la nostra gente alla mano buona di Dio che ti ha inviato nostro protettore, ponendoci all’ombra delle tue grandi ali.
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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO) |