40 Anni di Ofs: prendere il largo
Il 24 giugno 1978 il grande Paolo VI promulgava la Costituzione Seraphicus Patriarcha, con la quale approvava la nuova regola del Terz’Ordine francescano. Anzi, proprio in forza della nuova Regola, l’antico nome restava … come secondo nome; il primo, teologicamente più “conciliare”, diveniva Ordine francescano secolare, in acronimo Ofs.
Poco prima di spegnersi per un tumore alla laringe, nel 1983, il vulcanico Padre Vincenzo Frezza, il primo “Frate Fuoco”, scrisse su Tertius Ordo un prezioso saggio – quasi suo testamento - dal titolo I miei trent’anni con la Gifra. Non credo di essere alla vigilia del mio transito al cielo, altrimenti potrei imitare il maestro e scrivere I miei 40 anni con l’Ofs. In realtà sono 42. Professai con mia sorella il giorno di Sant’Elisabetta del 1976, prima che l’Ofs fosse. All’epoca usava ancora iscriversi nel registro della Fraternità con un nome da religioso. Scelsi fra Modesto. Sono stato sfottuto lungamente per questo nome, a dire dei frati così lontano dal mio essere. Eppure nel mio cuore di diciottenne quel nome era un programma, un pio desiderio.
Non sapevo in quel giorno di San Giovanni Battista del 1978 che mille volte avrei dovuto leggere quella Regola e mille volte spiegarla, spezzarla come pane fragrante, da assistente Ofs ad ogni livello: locale, regionale, nazionale.
Nell’ottobre dello stesso anno il Ministro generale dei Frati Minori Cappuccini, lo svizzero Pasquale Rywalski, scriveva una preziosa lettera ai Ministri provinciali e ai frati in cui con passione ispirata ribadiva che i tre Ordini – religiosi, clarisse e secolari – sono nati dall’unico costato squarciato di Francesco, e aggiungeva: “O essi vivranno INSIEME una vita fervente, o ne condurranno una qualsiasi in cui INSIEME si spegneranno”. A quarant’anni di distanza quelle parole suonano profetiche. Figli di un fondatore magnifico, il cui nome è stato “rubato” con profusione di affetto dal Papa gesuita, fatichiamo tutti a essere specchi limpidi che riflettono la bellezza di Dio effusa in Francesco. I servi ossequiosi del politically correct si fermerebbero a celebrazioni oleografiche e scontate. Non appartengo alla folta schiera. Mi pare piuttosto che tutti e tre gli Ordini, i frati, le suore e i laici, dobbiamo interrogarci, sotto la lente saggia di Rywalski, sul basso profilo della nostra vita e del nostro rinnovamento.
Che strano il gioco di parole tra l’ecclesiale “secolare”, vale a dire tipico dei laici impegnati nelle realtà mondane – secolari, e il fantasmatico “secolarizzazione”, cioè perdita del senso di Dio in una realtà vista solo nella sua percezione umana. Nel cuore di molti frati, purtroppo, iniziando dalle Province dell’Europa del Nord e scendendo a mano a mano verso Sud, la secolarizzazione è divenuta il drago terribile e inarrestabile a cui sacrificare, per vigliaccheria e terrore, il bambino della nostra speranza cristiana. Si chiudono conventi senza esitare, si spegne l’annuncio del Vangelo, ci si veste di pessimismo razionalista. Il richiamo di Gesù a Pietro: “Prendi il largo e gettate le reti per la pesca” non trova in noi la disponibilità fidente dell’esausto Pietro. Restiamo sotto costa: frati, sorelle, laici dell’Ofs, con le reti vuote.
Chiudo con il pensiero al Terziario francescano don Tonino Bello. Diceva ai laici di non affollare i presbiteri, ma di ungere la navata del mondo. Quello che Rywalski riferiva all’essere della Famiglia francescana riguarda evidentemente anche il suo agire: siamo chiamati insieme a essere testimoni di speranza in un’Europa e un mondo in cui se Dio non si vede troppo … forse dipende anche dalla scarsità della nostra testimonianza. Anche qui, come titola questo numero, abbiamo bisogno di Francesco … e di Chiara, di Ludovico ed Elisabetta. Auguri, francescani tutti. E buon lavoro.
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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO) |