RACCONTO LA STORIA
FRATE VENTO L'AMICO 5/2018 |
QUELLA MOSTRUOSA PICCOLA ILLEGALITA’ CHE UCCIDE GLI INNOCENTI I morti di Casteldaccia, nel dolente novembre di piogge, erano una bambina di un anno e suo fratello di quindici, la madre di trentadue, un bambino di tre anni, la madre di quaranta e il fratello di lei, di trentadue. C’erano anche tre nonni vicini alla sessantina. Nove persone innocenti. L’acqua è arrivata all’improvviso, un fiume impazzito saturo di fango e detriti, un nano che diventa un gigante assassino; ha sfondato i vetri e riempito la casa fino al soffitto in pochi secondi e li ha uccisi. Potremmo fare la scelta di piangere i morti e tacere. Potremmo mentire a noi stessi, come altri fanno, dicendo: “fatalità!”. Ma non sarebbe vero. E l’analisi delle cause è non solo un gesto pietoso verso i poveri morti, ma un atto d’amore e giustizia, per impedire che altri innocenti finiscano allo stesso modo. La villetta si trovava a qualche decina di metri dal letto del Milicia, un fiume piccolo e apparentemente ignorabile, che però la sera del 3 novembre era esondato a causa delle abbondanti piogge. Mentre frate Vento scrive non è ancora chiaro di chi fosse la responsabilità per eseguire l’ordine di demolizione: l’unica cosa certa è che quella casa andava demolita, perché costruita a meno di 150 metri dal fiume, sotto un viadotto dell’autostrada, perché costruita in violazione di norme pensate per la salute pubblica, per il bene dei cittadini, norme supportate da un sapere tecnico messo a servizio della comunità, norme … sagge. Se Casteldaccia fosse un’eccezione frate Vento scriverebbe altre cose, più natalizie, magari ascoltando Jingle Bells. Purtroppo viene in mente il crollo del grosso palazzo di Viale Giotto a Foggia, 67 morti nel 1999, per violazione criminale delle leggi … sull’impasto del cemento. Viene in mente la casa crollata a Ischia. Vengono in mente le case non crollate o non inondate o … non ancora. L’emittente LA 7 ha determinato la top 5 degli abusi in Italia: “Le ville che a Roma occupano gli spazi del più vincolato dei parchi d’Italia, quello dell’Appia Antica, la colata di cemento lunga trenta chilometri quasi totalmente abusiva nel casertano, da Marcianise a Castel Volturno fino a Casal di Principe. Le 177 case di Triscina in provincia di Trapani e le 160 di Licata in provincia di Palermo. Tutte abusive e costruite a meno di 150 metri dal mare.”[1] Ci sono crimini e illegalità che si consumano in un attimo: uno scippo è un atto velocissimo, una rapina richiede una manciata di secondi. Costruire una casa in violazione di legge è un atto lunghissimo, che richiede mesi o anni. Quando i Vigili Urbani di uno degli ottomila comuni dell’ex bel paese non notano una casa che viene costruita dove non si dovrebbe, lo Stato si rende complice passivo dell’illegalità. Quando, la casa costruita, non si procede alla sua demolizione a termini di legge, la complicità aumenta. Esiste in Italia un basso livello di comprensione della legalità: vivere a Roma induce a una facile meditazione continua sul tema. La signora che vedo attraversare col figlio nel passeggino col semaforo rosso su una larga strada a scorrimento veloce è tra i responsabili dei 40 – 50 morti che in media ogni anno vengono investiti sulle strisce pedonali, assieme al tassista che sfreccia indisturbato su via Veneto in pieno giorno, senza che un “pizzardone” fischi e lo rimetta nella carreggiata della legge con una salata ammenda. Il semaforo rosso è come le leggi sull’edilizia civile, come le norme sulla sicurezza sui cantieri, così spesso disattese, specie nel mio Sud. In tutto ciò occorrerebbe una lenta, costante, sollecita opera pedagogica. Formare al rispetto delle norme della convivenza civile è una priorità per qualunque comunità. Ma nelle nostre Scuole è stata eliminata persino l’Educazione civica. Quando giunsi per la prima volta a Toronto – Ontario, vent’anni fa, mi fu raccontata la storia vera del “portoghese di Jane street”. L’emigrato lusitano aveva fatto un po’ di soldi col lavoro e volle costruirsi una casa su Jane Street, un’arteria lunga venti chilometri, sul suo terreno, regolarmente acquistato ed edificabile. Fece purtroppo un errore: occupò un piede, circa trenta centimetri, di suolo pubblico. Fu costretto ad abbattere la casa. Si narra che il tapino piangesse, accasciato sul lato della strada. Fosse errore in buona fede o malizia che si illudeva impunibile, la casa fu abbattuta: dura Lex sed Lex. Non ci sono altre storie su errori di costruzione dei cittadini canadesi, mentre sono un numero sterminato le costruzioni abusive sul suolo italiano. Se non ci sono abusi edilizi … non vengono neppure promulgate le oscene leggi sul loro Condono, dietro pagamento di un’oblazione – penale allo Stato. Perdonare chi ha costruito in dispregio delle leggi significa punire il cittadino onesto che le ha rispettate; significa autorizzare e riconoscere lo stupro del territorio, le strade strette e la mancanza di spazi nei quartieri, l’origine architettonica di certa violenza urbana giovanile. Il condono è il marchio dell’immoralità tatuato sulla schiena nuda del governo e del Parlamento che lo promulga. Resto persuaso che se uno dell’esercito di Vigili urbani a stipendio della signora Raggi fischiasse e multasse gli eccessi di velocità su via Vittorio Veneto per pochi giorni, la voce correrebbe subito per l’Urbe: “Nun se scherza più. I pizzardoni te mettono ‘a multa. Pericoloso core pe’ Roma mo’”. Si chiama Certezza del Diritto, incute rispetto per la legge ai cittadini; come quella dello Stato dell’Ontario: se prendi due palmi di terreno non tuo devi abbattere la casa. Purtroppo in Italia sembra morta del tutto. Dopo la retorica dei primi giorni nessuno pagherà per i morti di Casteldaccia, nessuno pagherà per nessun morto. “Che sarà mai costruire su quel bel terreno demaniale vicino al fiume o a due passi dal mare? Una piccola illegalità che non fa danno a nessuno”. Così altri innocenti moriranno. Viva l’Italia. Buon Natale e buon 2019, Italia.
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